Il museo incontra la scuola

La Pinacoteca cantonale Giovanni Züst dedica da anni grande attenzione alla mediazione culturale e in particolare alle attività rivolte alle classi di ogni ordine e grado, dalle scuole dell’infanzia fino ai licei. A seconda della mostra esposta e delle richieste degli insegnanti, vengono offerti laboratori pratici che permettono di scoprire le diverse tecniche artistiche, ma anche letture sceniche, visite guidate e progetti di didattica innovativi. Naturalmente si può usufruire anche di visite tradizionali.
È importante sottolineare che non è richiesta alcuna preparazione da parte dei docenti, in quanto le attività sono condotte e interamente gestite dallo staff della Pinacoteca, e che l’ingresso è gratuito. Proponiamo qui l’intervista a due insegnanti riguardo alle loro esperienze al museo.

La SPAI di Mendrisio: una sfida culturale Per questo lavoro di mediazione la Pinacoteca vanta un rapporto privilegiato con il Centro Professionale Tecnico (SPAI) di Mendrisio, rapporto che negli anni si è rivelato costante e proficuo. In occasione di ogni esposizione si organizza un incontro con i docenti in modo da concordare e strutturare la visita da proporre ai ragazzi. L’uscita deve infatti rappresentare per loro un momento di approfondimento, ma è essenziale far sì che fin da subito si instaurino un atteggiamento di apertura mentale e una predisposizione all’ascolto. Per questo si cerca di volta in volta di dare alla visita un taglio particolare che desti curiosità nei ragazzi e accenda in loro l’interesse per la complessità della realtà che li circonda. Il lavoro si conclude infine con attività progettuali post visita da svolgere in classe. Incontriamo Roberto Vignati, docente di cultura generale. 

Da oltre 10 anni lei ha scelto di portare in visita regolarmente le sue classi alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, offrendo ai ragazzi l’opportunità di partecipare anche a 6-7 incontri in museo nel corso del loro triennio formativo. Quale evoluzione ha osservato nel tempo in loro?

La Pinacoteca è un luogo di crescita. Con questa convinzione, porto i miei allievi (fascia d’età dai 16 ai 20 anni e oltre) a visitarla almeno due volte all’anno perché offre sempre immensi e profondi temi di interesse e riflessione. La sofferenza, l’uguaglianza, la giustizia sociale, la banalità del mondo e molto altro sono argomenti trattati dagli artisti che fanno nascere nella mente dei ragazzi, grazie alla visita alla Pinacoteca, spunti di discussione e presa di coscienza. Riescono a intravedere nel lavoro dell’artista un sentimento, un desiderio, un tema che riguarda anche la loro vita; in questo modo riusciamo a sollecitare il loro interesse. Noto sovente che al termine dell’apprendistato l’interesse per l’arte è aumentato e la maggior parte degli allievi inserisce nelle proprie gite di piacere a grandi città europee una visita ad un grande museo.

Vuole raccontarci qualche episodio significativo che dimostri come ci sia stato un cambio di attitudine nei confronti del mondo dell’arte e della cultura a seguito di una visita in Pinacoteca?

Dopo la visita alla mostra dedicata alla collezione Bellasi (2013) con una classe di muratori, due fratelli si appassionarono alle storiche figurine Liebig esposte, tanto da iniziare loro stessi una collezione. In classe, di tanto in tanto, portavano gli acquisti fatti spiegando ai compagni le loro caratteristiche.
 Vorrei qui ricordare degli episodi particolarmente significativi: un apprendista recatosi a Barcellona comperò una riproduzione di Guernica (quadro trattato in classe) da appendere nella propria camera; più di un ragazzo, a Milano per una giornata che doveva essere dedicata allo shopping, mi ha raccontato di essersi trovato per caso davanti al Museo dell’Ottocento e, ricordando le attività svolte, ha deciso di entrare spontaneamente. ln generale, ho notato che le visite in Pinacoteca rendono i miei allievi più aperti e sensibili nello spirito. Durante questa esperienza, ricevono chiavi di lettura e punti di vista diversi sulla storia, sulle scienze, sulle questioni politiche, sul mondo in generale. La loro autostima aumenta grazie alla consapevolezza di poter accedere ad un luogo che prima di quel momento sentivano lontano e non parte delle loro esperienze. 

Quali sono le preoccupazioni che si pone come insegnante quando decide di proporre questo tipo di attività agli apprendisti?

La preoccupazione maggiore è quella di riuscire a creare delle attività post visita che siano coerenti con quanto affrontato nel museo e integrate nel percorso scolastico. In molti anni di insegnamento ho scoperto che è meglio lavorare creando gruppi di livello omogeneo piuttosto che gruppi misti, permettendo così agli studenti di esprimersi al meglio secondo il proprio grado di sapere.

Mi sono reso conto della fortuna che ho come insegnante di avere a portata di mano la Pinacoteca che mi permette di costruire un rapporto duraturo con essa. Anche i ragazzi, che le prime volte sono restii ad entrare e preferirebbero andare al bar, alla fine del percorso scolastico vengono coinvolti e si appassionano.

Il progetto “Ciceroni (non) professionisti” e la didattica “alla pari

In occasione dell’esposizione Legni preziosi. Sculture, busti, reliquiari e tabernacoli dal Medioevo al Settecento (16.10.2016 – 22.01.2017) abbiamo immaginato un diverso modo per coinvolgere i ragazzi rendendoli a tutti gli effetti dei “ciceroni (non) professionisti”. Il progetto era articolato su diversi incontri: il primo in particolare era molto apprezzato e prevedeva la visita dei ragazzi al museo durante le fasi dell’allestimento, consentendo loro di osservare cosa accade “dietro alle quinte”, quando le opere arrivano e sono ancora imballate, quando si posizionano, quando è necessario affrontare i problemi “pratici” di stabilità, sicurezza, climatizzazione. In seguito i ragazzi dovevano scegliere una scultura e studiarla in autonomia (naturalmente con la guida dei nostri mediatori, che si recavano in classe, e dell’insegnante). Infine, sono state organizzate delle visite guidate durante le quali i giovani “ciceroni” si sono messi alla prova, fornendo spiegazioni ad altre classi. Una serata speciale ha visto inoltre genitori e parenti fare da pubblico.
Abbiamo chiesto alla professoressa Elena Sala della Scuola media di Mendrisio di raccontarci questa esperienza.

Il progetto di mediazione “Ciceroni (non) professionisti” ha dato la possibilità ai ragazzi di cimentarsi in modo attivo nella scelta dei temi da approfondire. Inoltre, sono stati messi davanti alla difficoltà di farsi portavoce degli argomenti trattati nei confronti di un pubblico di coetanei e di genitori. Ha notato un impegno diverso da parte dei ragazzi e c’è stato un maggior senso critico rispetto ai temi trattati?

I ragazzi hanno potuto visitare la Pinacoteca durante le fasi di allestimento della mostra. Questa è stata una bella opportunità perché si sono accostati per la prima volta alle opere esposte e le hanno potute ammirare senza essere condizionati da collocazioni particolari o presegnalazioni. Hanno così scelto, con personali fotografie o utilizzando quelle del catalogo, le opere che hanno destato in loro maggior interesse, per il realismo e la drammaticità o per la semplicità espressiva. Quindi si sono dedicati ripetutamente, con schede preparate dalla mediatrice e con esposizioni seguite dall’insegnante, allo studio ed al confronto per rendere più articolate le varie presentazioni. La presentazione successiva a coetanei di altre classi li ha coinvolti positivamente: è entrata in gioco la loro autostima ed ognuno ha cercato di dare il meglio di sé. Un differente approccio è stato messo in atto confrontandosi con i genitori: i ragazzi, avendo già esposto le opere a due classi, erano pronti ed hanno dovuto semplicemente correggere alcuni aspetti della loro presentazione per essere più chiari, ma il coinvolgimento emotivo è stato decisamente più pressante rendendoli nervosi e aumentando l’ansia da prestazione. Il confronto con i genitori è stato vissuto dai ragazzi con maggior preoccupazione, tanta era la voglia di ben apparire e non sfigurare nei confronti dei compagni “ciceroni”, ma il risultato finale è stato lodato e apprezzato da tutti!

È stata un’esperienza non solo scolastica e didattica: come diceva, ha infatti comportato anche un forte coinvolgimento emotivo. Quali capacità e competenze sono state messe in gioco dai ragazzi?

La preparazione dell’attività è durata diverse settimane: all’iniziale approccio alle opere in Pinacoteca, sono seguiti due incontri in classe per la definizione delle opere da presentare, in modo da poter includere tutti i periodi storici affrontati in mostra; si è quindi dedicato del tempo alla personale preparazione di ogni allievo che si è conclusa con una prova generale in aula davanti ai propri compagni. Ogni allievo ha dato il suo personale contributo: chi si è avvalso di una parlantina più sciolta invitando gli spettatori al confronto delle opere; chi ha dato sfoggio di proprie conoscenze storiche collocando in modo puntuale determinati riferimenti; altri, oltre alle notizie basilari dell’opera, hanno motivato la loro scelta personale rendendo il racconto più intimo. Ma tutti hanno dovuto superare l’innata difficoltà di “mettersi in mostra” e coinvolgersi in prima persona. Si è trattato senza dubbio di un’esperienza particolare e arricchente, se possibile da ripetere ogni anno con classi diverse. I ragazzi hanno percepito la difficoltà di mettersi in gioco con una presentazione pubblica, hanno potuto dare maggior valore al loro impegno con un immediato riscontro e conseguente soddisfazione.

Abbiamo vissuto il progetto dei Ciceroni anche con alcune classi della SPAI di Mendrisio. Portato a termine il progetto, abbiamo avuto il piacere di confrontarci con i ragazzi e con il loro insegnante Michele Compagnoni per analizzare insieme le criticità incontrate e le competenze sviluppate in seguito. I ragazzi hanno chiaramente sottolineato le difficoltà iniziali dovute al cambio di prospettiva, da ascoltatore ad oratore. La mancata abitudine a parlare in pubblico rappresenta un grande scoglio iniziale che occorre superare (“era difficile tirar fuori quello che avevo in testa, le parole non venivano fuori nonostante conoscessi bene l’argomento”). Tuttavia, i ragazzi hanno apprezzato molto questa nuova sfida. Lo rifarebbero e lo consiglierebbero ad altre classi.

Questa esperienza ha rappresentato per loro un momento di crescita personale e vorrebbero avere altre occasioni come questa per mettersi alla prova e imparare ad esprimersi in pubblico con maggiore serenità e sicurezza. Inoltre, sono stati messi di fronte alla complessità che si cela dietro al lavoro in un museo, hanno potuto conoscere tutte le professionalità coinvolte, dal direttore, all’architetto, al falegname che crea l’allestimento fino al mediatore culturale. Sotto i migliori auspici chiudiamo questa prima edizione dei Ciceroni (non) professionisti, con il desiderio di accogliere in futuro alla Pinacoteca Züst numerose altre classi.

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